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Carcere di Nisida, una giornata nel laboratorio di ceramica

“Quando arrivo la mattina a Nisida, guardo attraverso le sbarre delle porte se c’è qualcosa di nuovo”. Il risveglio di un laboratorio in carcere è sempre un mix di attesa e scoperta. A raccontarlo, è una delle maestre che, quotidianamente, la Cooperativa Nesis porta all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni dell’isola napoletana.

Aspettative e realtà

Un carcere viene spesso immaginato come qualcosa di statico, un luogo freddo e immobile in cui gli ospiti attendono, inerti, il trascorrere del tempo. Ma Nisida non è così, anche grazie alle associazioni di volontariato che gestiscono, al primo piano della struttura, svariate attività produttive insieme e per i ragazzi.

“Se qualcosa, dal giorno prima, è cambiato, vuol dire che sono venuti”, ci spiega la maestra ceramista. I ragazzi frequentano giornalmente il laboratorio, ma può capitare un permesso premio, una punizione, un impegno con la giustizia che impedisca loro di essere presenti.

La giornata ha inizio

“Mentre li aspettiamo, controllo la temperatura dei forni che poi apriremo insieme e, in questo gesto semplice, c’è tutto il senso della nostra attività. I ragazzi, infatti, attendono con ansia e chiedono, con trepidazione e fiducia, come siano venute le ceramiche a cui hanno lavorato il giorno prima”. E’ un entusiasmo vero, quello dei ragazzi. Indipendentemente dal loro passato, dalla loro pena e dagli errori commessi, sono giovani che si stanno ora impegnando in un’attività che può dare loro un lavoro in prospettiva, ma anche la soddisfazione immediata di vedere il frutto tangibile di un impegno sano.

Ogni ceramica di Nisida è questo, la trasformazione della energia e della fantasia dei ragazzi in qualcosa di positivo, concreto, autonomo.

Il ritmo di lavoro

“I ragazzi più esperti – insiste la maestra – hanno imparato a lavorare autonomamente, i più nuovi imparano da loro e, naturalmente, dalle nostre correzioni”, palesando il significato più ampio di questo passaggio di conoscenze. Imparare a collaborare e a trasmettersi competenze non è un processo scontato per chi non ha mai ricevuto l’adeguata formazione per un’attività produttiva. Imparare ad esserne un ingranaggio è requisito essenziale per qualsiasi lavoro onesto vorranno intraprendere una volta usciti dal carcere.

I consigli dei maestri

“Fai bene e piano” è il continuo consiglio che risuona nelle stanze del laboratorio. Per i ragazzi la fretta è la normalità, ed è complicato insegnargli che avere attenzione e cura può essere un valore. “Tra un tozzetto e un piatto parliamo di noi, ci consociamo, i ragazzi si confidano, parlano delle loro famiglie e delle fidanzate. Inevitabilmente, anche delle loro paure e delle loro ambizioni”. Ci spiega in questo viaggio ideale all’interno del carcere, chi li segue con passione da tempo.

C’è il tempo per scherzare

“A volte, come tutti gli alunni del mondo, ci prendono in giro, ci imitano, ma è bello scoprire che poi, anche in nostra assenza, trasmettono ai loro compagni le cognizioni apprese, talvolta proprio con le stesse parole usate da noi maestri, a testimonianza di aver voluto apprendere il meccanismo”.

Si cresce imparando, si impara crescendo

In questa atmosfera, per quanto possibile spensierata, i ragazzi crescono e imparano, quasi senza accorgersene. Partono da una semplice mattonella smaltata bianca, data loro per esercitarsi e in breve arrivano a realizzare le “Sperlunghine” con i pesciolini. Un oggetto che la cooperativa vende e che, dunque, richiede impegno maggiore nella produzione, ma anche la prima soddisfazione nel vedere ripagata tanta dedizione.

La produzione

Quando i ragazzi sono diventati esperti, arrivano a produrre i tozzetti con i “Vesuvi pazzi” vero e proprio simbolo del laboratorio “Nesis” ormai ricercato e riconosciuto in tutta la Campania come elemento artistico e di design dal valore solidale.

“Ora ne stanno producendo un centinaio – ci racconta la maestra –  come bomboniera per un matrimonio che si terrà a settembre”. Insegnare ai ragazzi la programmazione è un altro degli aspetti fondamentali per prepararli ad un futuro impiego come, d’altronde, lo è l’attività di fine mattinata in cui i ragazzi e i maestri ripongono le attrezzature, lavano pennelli e tavolozze, puliscono i tavoli per far trovare il laboratorio pronto ai loro colleghi del pomeriggio.

Il secondo turno, i ragazzi assunti da Nesis

Dopo pranzo, infatti, arrivano i ragazzi già assunti dalla cooperativa, sono più esperti naturalmente e possono produrre le opere che, poi, lasceranno il carcere per raggiungere lo showroom di via Tiberio (a Fuorigrotta, in Napoli) e il negozio online Nesis.shop,  per essere acquistate come dono solidale e auto-sostenere quella che, a tutti gli effetti, è una startup di successo nata in carcere.

La conclusione della giornata

L’ultimo pensiero della giornata, prima che gli agenti della penitenziaria vadano a prendere i ragazzi per ricondurli alle loro celle, è proprio per i maestri. Gli viene sempre chiesto se ci saranno il giorno dopo, come per avere la ertezza di poter essere ancora lì, per qualche ora, ad imparare qualcosa di nuovo che rompa l’immobilità e riempia, il tempo che passa, con un’attività utile e costruttiva, da più punti di vista.

Ogni giorno, anno dopo anno

Da anni la Cooperativa Nesis c’è ogni giorno, senza fermarsi mai. E in questa continuità risiede uno dei segreti del successo del progetto ‘Nciarmato a Nisida che non si è fermato nemmeno con la pandemia, ma che può andare avanti solo grazie al sostegno dei tanti che hanno scelto di sposare questa iniziativa, sostenendola acquistando le opere prodotte a Nisida per le proprie case e le proprie attività commerciali.

Puoi sostenere il laboratorio del carcere di Nisida dallo shop online :
www.nesis.shop

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